Attualmente il disegno di legge prevede che “nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi a oggetto la responsabilità sanitaria, implicanti la valutazione di problemi tecnici complessi, l’autorità giudiziaria affida l’espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento”.
In analogia e per le stesse motivazioni legate alla modifica già avvenuta sul ruolo di coordinamento del risk management, sarebbe il caso, secondo la presidente Ipasvi, di prevedere anche a questo livello la possibilità che il compito di CTU e CTP possa essere svolto oltre che dai medici anche da altro personale dipendente delle strutture sanitarie ‘con adeguata formazione ed esperienza almeno triennale’.
“Questo – ha spiegato – anche in considerazione del fatto che la giurisprudenza ha definito negli ultimi tempi “autonoma” la responsabilità degli atti compiuti da infermieri rispetto a quelli di altri professionisti, fino a condanne a questi per non aver verificato errori di altri (Cassazione sen. 2192/ 2015). E sempre la giurisprudenza (Cassazione sen. 2541/2016) ha stabilito che l’infermiere non è ‘ausiliario del medico’, ma ‘professionista sanitario’ e assume responsabilità di tipo omissivo riconducibili a una specifica posizione di garanzia nei confronti del paziente, del tutto autonoma rispetto a quella del medico. E ha precisato anche che la responsabilità della formazione del personale infermieristico è in capo al personale infermieristico stesso ed esula dalle ‘prerogative dirigenziali del direttore o primario del reparto’. Quindi – ha concluso Mangiacavalli – , appare corretto che anche la responsabilità sanitaria in caso di procedimenti civili e/o penali, ove ci siano da considerare aspetti tecnici, sia valutata da professionisti appartenenti alla stessa categoria professionale”.